Orizzonte degli eventi

Il tempo lo spazio e l’eternità

Einstein1921_by_F_Schmutzer_4BohrLa teoria della relatività di Albert Einstein e la teoria quantistica di Bohr hanno definitivamente messo in crisi i concetti di tempo e di spazio consolidatisi per centinaia di anni; essi infatti venivano visti come entità stabili attraverso le quali possiamo percepire la realtà. Einstein e Bohr in maniera scientifica e sperimentale, che non lascia scampo a dubbi, hanno clamorosamente smentito tutto ciò. La famosa formula dell’equivalenza fra la massa e l’energia ci conduce ad una dimensione dove il tempo si può fermare completamente, perché viaggiando alla velocità della luce non possiamo essere raggiunti da nessun segnale luminoso e nessun cambiamento può quindi avvenire, di conseguenza il tempo si ferma e non trascorre più.

Inoltre la moderna teoria quantistica di Bohr ci da la prova sperimentale del fatto che, due fotoni emessi dall’eccitazione di due elettroni, appartenenti allo stesso nucleo, si influenzano a vicenda a qualsiasi distanza si trovano – se uno cambia di segno, cambia di segno anche l’altro – anche se dovessero trovarsi in parti opposte dell’universo. Questo fenomeno inspiegabile ci dimostra che c’è un modo di comunicare, sicuramente più veloce della velocità della luce,  di cui non abbiamo altro che prove sperimentali riguardo alla sua esistenza, ma di cui non riusciamo a capire assolutamente niente, riguardo a come possa verificarsi.

Mi sono chiesto cosa significhi per noi uomini tutto questo, che implicazioni ha sulla nostra quotidianità, dove le velocità sono talmente basse e le dimensioni talmente grandi  che le teorie della relatività e della quantistica hanno sulla realtà in cui viviamo effetti irrisori e/o irrilevanti,  quindi non percepibili ad occhio nudo.

La risposta che mi sono dato mi ha fatto capire che, per noi che non siamo scienziati, gli effetti della relatività e della quantistica non sono percepibili nell’ordine fisico delle cose, ma solo nell’ordine mentale e spirituale perché ci danno delle risposte su un tema che per anni ha diviso gli uomini: fra coloro che credono nell’aldilà e coloro che sono attaccati solo a ciò che vedono.

Infatti con la suddette teorie è come se si fosse creato un ponte fra il mondo materiale e quello spirituale, fra il mondo visibile e quello invisibile, fra la dimensione temporale e quella eterna,  dove non ha senso parlare di tempo e di spazio.

Provo a spiegarvi il perché :

Cosa può significare che, alla velocità della luce la massa si trasforma in energia, e che due fotoni si influenzano istantaneamente anche trovandosi distanti miliardi di anni luce? Non può significare altro se non che esiste un’altra dimensione dove, ciò che è materiale si trasforma in spirituale, dove ciò che è visibile (la massa) si trasforma in ciò che è invisibile (l’energia), dove ciò che è nel tempo si proietta nell’eternità, dove non esistono tempo e spazio ma tutto è presente?

Del resto già Sant’Agostino (350 D.C.) nel suo libro più famoso, “Le Confessioni”, affermava che il tempo, altro non è se non una parentesi nell’eternità.

Benedetto Spadaro

Il Mistero dell’Essere

 Amici che mi seguite, sono lieto di annunciarvi che è possibile scaricare on line al costo di euro 3,50 l’edizione completa del mio libro “il Mistero dell’Essere” pag. 93 sia in lingua inglese che in lingua  italiana. Una volta acquistato il libro vi verranno inviate due mail: una per la ricevuta di pagamento ed una con allegato il formato e-book scaricabile del “Mistero dell’essere”(controllare anche fra le spam). Nel libro, che  è stato già in parte pubblicato su questo sito e ha ricevuto decine di migliaia di commenti positivi, troverete anche la mirabile recensione del mio grande amico Prof. Luciano Pranzetti, noto scrittore e critico letterario, che voglio ringraziare perchè con la sua recensione ha aggiunto un capolavoro al mio capolavoro. Nell’ultima pagina è riportato anche il cliccatissimo articolo “Lo spazio, il tempo e l’eternità”.

A seguire trovate la recenzione del libro del Prof. Pranzetti.

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Ogni giorno della nostra vita è un dono sempre nuovo della tua grazia

“Ogni giorno della nostra vita, è un dono sempre nuovo della tua grazia, nell’attesa che si compia la beata speranza” Questa frase, che fa parte della liturgia della messa dei cattolici e che è ad essi familiare, l’avevo sentita e ripetuta inconsapevolmente centinaia di volte senza curarmene, eppure ricordo perfettamente il giorno, l’ora ed il preciso momento, di circa 30 anni fa, in cui  la stessa mi ha provocato una profonda emozione perchè mi si è rivelata nel suo intrinseco significato.

Come è possibile che ad un tratto, senza un apparente motivo, una frase che conosciamo benissimo assuma un significato completamente nuovo che non potevamo neppure immaginare un momento prima?

Secondo me si tratta di un miracolo.

Non è forse un miracolo arrivare a concepire la vita come un dono e non solo la vita ma anche ogni singolo giorno, ogni singolo momento, comunque vadano le cose?

Ma non basta, questo dono è sempre nuovo perchè si rinnova continuamente e ci trasforma rendendoci sempre più consapevoli di chi siamo e di dove stiamo andando.

Ma non basta, questo dono ci porta la pace di chi sa che tutto va dove deve andare e di chi capisce che tutto è come deve essere,  per il semplice motivo che esiste Colui che guida tutta la storia degli uomini, di cui siamo parte, verso il suo immancabile compimento.

Ma non basta, questo dono  ci da la certezza che il male ed il peccato degli uomini non hanno consistenza ontologica, ma sono originati dalla rivolta dell’uomo contro l’amore di Dio e, proprio per questo, possono influire solo sulla parte temporale della nostra esistenza perchè dopo saranno distrutti e rimarranno solo il bene e l’amore.

In quel momento, in cui la frase citata mi si è rivelata nel suo vero significato, queste cose erano presenti e preponderanti nella mia coscienza in maniera assoluta e posso dire che lo sono ancora adesso. Posso affermare anche che quello che sono diventato oggi, dipende in parte gran parte da qual momento di grazia.

Benedetto Spadaro

P.S. Ho cercato di riprodurre in senso artistico la novità di ogni istante con le foto dell’opera in evidenza sopra l’articolo. Opera in cui lo stesso quadro si trasforma e si rinnova perchè illuminato da una luce diversa.

Poesia per un bimbo

Poesia scritta in occasione del Santo Natale 1983 contemplando mia figlia Paola nata da pochi mesi. 

                                              Chi è un bimbo

Un bimbo è l’amore che nasce in te quando la mattina svegliandoti incontri il suo sorriso.

Un bimbo è chi è felice solo perchè gli sei accanto.

Un bimbo è chi ti ama solo perchè ti conosce.

Un bimbo è  la certezza che, anche senza di te, tutto continuerà.

Un bimbo è l’immagine e la somiglianza di Dio più pura che si possa osservare.

Un bimbo è l’esempio di perfetto abbandono e di dipendenza totale da uno più grande.

Un bimbo è la sintesi di tutto il compimento che l’uomo cerca nella sua vita e che lui già possiede inconsapevolmente

Un bimbo è tutto ciò che vorresti diventare senza mai riuscirvi.

Un bimbo è qualcuno per cui daresti volentieri la vita.

Un bimbo è quanto di meglio sei stato anche tu prima di diventare grande.

Un bimbo è l’Onnipotente che viene fra gli uomini.

Un bimbo è chi vorrei diventare.

Benedetto Spadaro

 

Passaggio di dimensione

Passaggio ad altra dimensione

L'auto dell'artista con i visitatori dell'evento di Cerveteri 2015/16

L’auto dell’artista con i visitatori dell’evento di Cerveteri 2015/16

Guardandomi intorno vedo tanta gente che mi ignora e che si ignora reciprocamente; è come se ciascuno di noi vivesse in una dimensione diversa.
Ed allora cosa fare per vincere la tristezza ed il senso di solitudine che ci assale da questa constatazione?
Bisogna entrare in una dimensione unica e condivisa, dove ci possiamo tutti incontrare e beneficare a vicenda del nostro essere.

Sappiamo bene tutti che questa dimensione è l’Amore, ma sappiamo anche, che non c’è vero Amore senza Verità e Giustizia ed allora ……..

“Armiamoci e partite” ?  per citare ironicamente una frase di un film del grande Totò; no davvero.

Ma “Armiamoci e partiamo”; ma di cosa ci dobbiamo armare? Prima di tutto della nostra libertà in modo da usarla per eliminare dal nostro essere le menzogne e le ingiustizie e poi di tanta pazienza (anche verso di noi stessi) perchè questa opera di pulizia dura tutta la vita ed anche perchè i frutti di una tale opera si vedono molto tempo dopo che la si inizia.

Benedetto Spadaro

La Città di Dio e la città dei banchieri

presentazione di gesù al tempio

 

 

La città di Dio (latino: De Civitate Dei, o anche De Civitate Dei contra Paganos) è un’opera latina scritta in ventidue volumi da Sant’Agostino d’Ippona tra il 413 e il 426; egli scrisse i primi dieci libri con la finalità di difendere il cristianesimo dalle accuse dei pagani ed analizzare le questioni sociali-politiche dell’epoca; negli altri dodici libri, invece, tratta della salvezza dell’uomo.

 

In un celebre passo della sua opera  “La città di Dio” Sant’Agostino prefigurava due città:

« L’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l’amore di Dio portato fino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. […] I cittadini della città terrena son dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale. »
(La città di Dio, XIV, 28)

Nessuna città prevale sull’altra. Nella storia, infatti, le due città sono mischiate e mai separate, come se ogni uomo vivesse contemporaneamente nell’una e nell’altra. Sta quindi a quest’ultimo la scelta di decidere da che parte schierarsi. L’uomo si trova al centro tra queste due città e solo il giudizio universale può separare definitivamente i beati dai peccatori.

Ognuno potrà capire a quale città appartiene solo interrogando se stesso.

 

L’opera di Sant’Agostino dopo 1.600 anni è quanto mai attuale ed ancora una volta interroga il cuore di ciascuno di noi chiedendoci che tipo di città vogliamo contribuire a costruire?

Le confessioni

Sull’argomento desidero segnalare il recente film “Le confessioni” di  Roberto Andò in cui uno straordinario Toni Servillo interpreta un monaco certosino alle prese con un vertice mondiale di persone che possono decidere sul futuro del mondo intero.  Belle anche le intepretazioni di Daniel Auteuil, Connie Nielsen e Pierfrancesco Favino.

Benedetto Spadaro

 

 

 

 

Giove e la pecora

Lupo_travestito_da_pecora

                                  Giove e la pecora

Non sai il dolore che mi dai quando me venghi a raccontar li guai che passi con i lupi.

Hai ragione lo so non c’è questione, ma li lupi son tanti e troppo forti pe’ nun avè ragione.

Trilussa

Il grande poeta romanesco Trilussa contemporaneo di Mussolini, con cui ebbe un rapporto conflittuale e difficile, scrisse, fra le altre, una bellissima poesia intitolata” Giove e la pecora” con la quale affronta con la sua sottile e penetrante ironia un tema scottante dell’epoca in cui è vissuto, ma che vi assicuro, essere ancora attuale, per esperienza diretta.

Il tema è quello dell’amministrazione della giustizia che a volte prescinde dall’essere giusta sospinta dal numero elevato e dal potere delle persone coinvolte, che vogliono una soluzione ingiusta approfittando del peso che loro conferisce l’essere maggioranza, pur sapendo che questa soluzione, comporta il sacrificio degli  interessi di una singola persona nei confronti della quale si commette un gravissimo sopruso.

Trilussa con questa poesia ci riferisce simbolicamente che persino il Dio Giove,  a cui la pecora si rivolge per avere giustizia per i torti commessi nei suoi confronti dai lupi, è in difficoltà nel renderle giustizia per il fatto che “Li lupi son tanti e troppo forti pe’ nun avè ragione”.

Evidentemente il fatto che il singolo non riesce ad ottenere giustizia quando gli autori dei crimini sono troppi e appartenenti tutte ad una potente lobby,  cosa che come vi dicevo è successo alla pecora nella poesia di trilussa ed al Sottoscritto nella vita reale, è una cosa che, nella storia dell’umanità, è sempre avvenuta, avviene ancora oggi e probabilmente avverrà anche in futuro e vi assicuro che per chi la subisce è veramente difficile da mandare giù.

Io da credente e da uomo di fede il problema l’ho risolto rimettendo la questione nelle mani di Dio che è il sommo giudice e che renderà a ciascuno secondo il suo operato. Anzi mi auguro che coloro che hanno commesso il torto nei mei confronti abbiano a pentirsi, per poter essere da me perdonati, ma sopratutto da Dio la cui giustizia tutti noi dovremmo temere molto di più di quella degli uomini, tenendo conto del fatto che, il suo giudizio di assoluzione o di condanna, oltre a valere per l’eternità,  è anche inappellabile.

Benedetto Spadaro

In ricordo di Pino il barbone

12Pochi giorni, fa è morto in ospedale Pino il barbone, un uomo di circa 60 anni che viveva bivaccando sulle panchine di largo Pannonia in Roma, dove abito io con la mia famiglia.

Pino da circa 30 anni aveva misteriosamente rifiutato la vita che noi tutti conduciamo: una casa, un lavoro un compagno o una compagna, per scegliere di vivere completamente libero sotto le stelle, senza mai lavarsi e alla mercè di noi tutti, che, chi in un modo, chi in un altro, lo aiutavamo nei suoi bisogni essenziali.
Aveva un carattere buono e mite ( tranne certi brevi periodi dell’anno in cui urlava prendendo a male parole tutti) ed era apprezzato sopratutto dai bambini con i quali spesso giocava nonostante la grande differenza di età; ed ai quali mancherà moltissimo, come hanno scritto con i gessetti sul pavimento della piazza.
Anche mio figlio Gianfilippo che ora ha 18 anni, è vissuto in costante amicizia con questa presenza bella ma anche ingombrante, perchè ricordava a tutti noi che siamo schiavi delle comodità, che la libertà vale più di tutto se solo si ha il coraggio di sceglierla come la priorità assoluta.
Domani ci sarà il suo funerale nella chiesa della parrocchia dove Pino ha trascorso metà della sua vita e si prevede che ci sarà più gente di quanta ce ne sarà al funerale di uno di noi, che siamo “normali”.
“La morte è una livella” è il titolo di  una bellissima poesia del grande comico Totò, ed in questo caso la morte restituirà a Pino quello che la vita gli ha tolto e cioè il fatto, che il vuoto lasciato dalla sua morte è più grande del vuoto che avrebbe lasciato uno di noi.
Arrivederci nell’aldilà Pino, io ti voglio ricordare con una foto che ti ritrae come un principe durante una mia mostra di pittura, in mezzo agli abitanti di largo Pannonia e che sta sopra questo articolo.
Le coordinate della foto di Pino sono: quarta  foto della terza fila orizzontale.

Benedetto Spadaro

Amare l’amore

l'artista e la figlia Paola a Roma

l’artista e la figlia Paola a Roma

Nostro Signore Gesù ci dice di amare Dio sopra ogni cosa e il nostro prossimo come noi stessi e aggiunge che in quest’unico comandamento, è racchiuso il senso di tutto quello che sta scritto nella Bibbia ed anche il segreto della nostra salvezza e della nostra felicità, ma ci invita anche ad andare oltre, raccomandandoci di amare anche i nostri nemici.
Proviamo a cercare di capire come tradurre in pratica questi precetti che mi sembrano ordinati, così come li ho riportati sopra, secondo il grado crescente di difficoltà che ciascuno di noi incontra nella vita pratica dovendoli  applicare, provo a spiegarvi perché:
“Amare Dio sopra ogni cosa” può apparirci il più facile dei comandamenti, quando non abbiamo ancora raggiunto una maturità nella fede, ciò accade perché in fondo Dio ce lo possiamo immaginare un po come vogliamo e magari con le idee che combaciano con le nostre, per cui possiamo facilmente dire; “Io amo molto Dio ma non riesco ad amare il mio prossimo perché è cattivo” su questo punto ci tornerò più avanti.

“Amare il prossimo come noi stessi” presenta un ulteriore grado di difficoltà perché è un precetto più concreto in quanto implica un paragone con noi stessi che non sempre siamo disposti  a  fare e passa attraverso vari gradi che voglio precisare:

1) Il primo grado è:” amare coloro che ci amano”, cosa che potrebbe sembrare facile e scontata ma che, storicamente non lo è affatto. Infatti quante volte ciascuno di noi, andando indietro con la memoria, può ricordarsi di quanto è stato “ingrato” a non ricambiare l’amore di qualcuno, anzi a volte scopre che magari ha ricambiato l’amore con l’indifferenza.  Allora ditemi voi: ma se non riusciamo ad amare quelli che ci amano ma chi cavolo amiamo? Forse quelli che ci odiano? Pensate a quanti finanziano chi vende loro la morte acquistando la droga e sappiamo bene che ne circola a tonnellate. Ma questo vuol dire che a volte ci comportiamo come dei cretini autolesionisti. Vi porto tre esempi:

  1. Durante la celebrazione di una messa, ricordo la predica in cui il sacerdote padre Giuseppe faceva giustamente notare come nostro Signore Gesù  fosse stato condannato a morte non tanto da Pilato, che anzi rendendosi conto della sua innocenza, tentò come poteva di salvarlo; quanto dal voto quasi unanime della popolazione di Gerusalemme. Quella stessa popolazione che Gesù aveva beneficato con i suoi miracoli, la quale, quando fu chiamata da Pilato a scegliere chi  graziare dalla pena di morte : Gesù il Nazzareno o Barabba (un assassino ben noto per i suoi crimini) scelse quest’ultimo gridando a  Pilato di crocifiggere Gesù (ovvero il loro benefattore) .
  2. Io ho una figlia, che solo perché non gli davo i soldi che mi chiedeva per continuare ad avere un tenore di vita superiore al mio, (dimenticandosi di tutto il resto), mi ha fatto un messaggio dicendomi: ” Per me non sei più mio padre” e da allora non mi ha più parlato per un anno… poi la cosa è rientrata e ci siamo riconciliati, ma vi assicuro che è stata dura per lei ma anche per me.
  3. Negli ultimi 30 giorni ho ricevuto oltre 30.000 commenti  da tutto il mondo da voi amici visitatori del mio blog la gran parte dei quali, contenenti lusinghieri apprezzamenti per quello che ho scritto e che ho condiviso gratuitamente per amore al mio prossimo ovvero con voi che mi leggete. Mi sarei aspettato che qualcuno di quelli che hanno commentato entusiasti avesse fatto, per riconoscenza, una piccola donazione per sostenermi nel mio lavoro ed invece nessuno si è preoccupato di questo aspetto. Volevo solo sottolineare che a volte la gratuità non viene apprezzata e valorizzata come sarebbe giusto. (infatti bisogna considerare che anche le cose donate hanno dei costi per chi le produce e questo dovrebbe raddoppiare ai nostri occhi il loro valore e la nostra riconoscenza verso chi ce le dona). Infatti, tutto quello che diciamo è credibile e ha un senso solo quando anche le nostre azioni sono conformi;  altrimenti c’è in noi un grave problema di scissione fra quello che diciamo e quello che facciamo, fra pensiero ed azione.

Chiediamoci:  ma se a volte ci comportiamo come dei cretini autolesionisti perché ciò può accadere? Qual’è il nostro problema? Provo a rispondervi dicendovi che il problema vero è: ” che non possiamo amare gli altri se non cominciamo ad amare noi stessi e ad avere un po di autostima ” Ma per amare noi stessi bisogna che capiamo bene chi siamo; l’alternativa è che non stimandoci e non amandoci, non solo non riusciamo ad amare chi ci ama, ma più in generale, subiamo il nostro prossimo, perché non possedendo una identità che ci consente di fare un paragone con ciò che ci viene proposto, spesso acconsentiamo a cose o persone che ci fanno solo del male. (argomento questo che ho cercato di trattare più diffusamente nel mio libro “Il Mistero dell’Essere in parte già  pubblicato su questo sito”).

2) Il secondo grado è “amare come noi stessi quelli ai quali siamo indifferenti, quindi coloro che né ci amano né ci odiano”: per attuare questo precetto che è ancora più difficile del precedente dobbiamo mettere in moto la nostra immaginazione. Cioè ci dobbiamo chiedere: come vorremmo che si comportassero nei nostri confronti coloro che pur desiderando di amarci si accorgono che noi siamo indifferenti al loro amore?

 Penso che in questa particolare situazione vorremmo che prendessero un po l’iniziativa per dimostrarci per primi che sono disponibili ad amarci, ma senza troppo insistere perché l’amore non è qualcosa che si può né pretendere, né tanto meno imporre.

Infine la cosa più difficile: “Amare i nostri nemici ovvero coloro che ci odiano”  qui le cose si complicano alquanto, perché se amare coloro che ci amano e coloro a cui siamo indifferenti è una impresa umanamente possibile, amare i nostri nemici nel vero senso della parola cioè non subendoli come ho detto prima è un’impresa da Dio, che solo lui può compiere e per quanto ci riguarda possiamo riuscirci solo se siamo in perfetta comunione con Lui. Perché in tal caso riusciamo a vedere la realtà e i nostri nemici, nel loro destino ultimo nel quale tutto si compie, secondo quanto preordinato da  Dio stesso fin dalla creazione del mondo. Comunque amare i nostri nemici significa innanzitutto non odiarli perché l’odio è sempre un sentimento negativo (allo stesso modo in cui l’amore è sempre un sentimento positivo) che ci danneggia enormemente togliendoci la pace e spingendoci alla vendetta.

 Oltre a ciò, amare il nostro nemico significa anche essere  disponibili al perdono. Ciò si concretizza nel non escludere del tutto la possibilità che nel nostro nemico possa verificarsi  un cambiamento radicale che lo porti ad un sincero pentimento prima e poi all’amore. In questo caso però bisogna essere molto prudenti e non cedere a facili entusiasmi verificando di volta che il cambiamento del nostro nemico sia effettivo. Inoltre, amare il nostro nemico, non può mai significare subire il suo odio stando inermi, ne subirlo passivamente, significa invece attuare tutte le contromisure per impedire all’odio stesso di danneggiarci. Contromisure che vanno dalla legittima difesa in caso di violenza in atto ad azioni tendenti a preservare la nostra incolumità fisica e pisichica.

Benedetto Spadaro

Sii tu il mondo che vorresti

Tutti noi sentiamo l’esigenza di cambiare il mondo in meglio, ma ci rendiamo conto che è una impresa impossibile, e allora che fare?

Semplicissimo:

Ce lo dice Gesù: ” Prima di attaccare gli altri criticando la pagliuzza che vediamo nei loro occhi, togliamo  la trave dai nostri occhi.”

Ce lo dice il Mahatma Gandhi in una delle più belle frasi da lui pronunciate : “Sii tu il mondo che vorresti”  

Ed allora non perdiamo tempo a criticare gli altri,  ma esaminiamo noi stessi e cominciamo a vedere quello che possiamo fare per essere degli uomini migliori  e procediamo senza indugio a proporci, con riguardo a ciò, degli obiettivi concreti.

Ciò per il seguente ordine di motivi:

  • su di noi abbiamo un potere pressoché assoluto e quindi le nostre decisioni dipendono solo da noi, sugli altri invece il nostro potere è limitato ed implica la loro adesione che non è per niente scontata.
  • il mondo comincerà a cambiare quando ciascuno di noi diventerà un uomo o una donna migliore ed allora la cosa più semplice ed efficace è cominciare da noi stessi.
  • inoltre l’esempio è più forte delle parole nel coinvolgere gli altri.

La vera avventura nella vita non è scoprire quello che ci circonda, ma scoprire se stessi. A tal proposito Sant’Agostino dice ” Quando ti senti perduto rientra in te stesso: nell’uomo interiore inabita la verità.”  Scopriamo l’immenso potere della nostra libertà di opporci al male, che non è solo negli altri ma convive in noi.

Benedetto Spadaro